Se passate su via Appia Nuova trovate lo storico "Alberone" nella piazza omonima circondato da bellissimi fiori. E' una bellissima iniziativa del fioraio che si trova lì vicino, dove inizia il mercato dell'Alberone. Parlando con il fioraio mi ha confermato che è stato lui ad abbellire l'aiuola intorno allo storico albero anche con l'aiuto del bar che si trova proprio di fronte. Che bello vedere questa cura della città, è una dimostrazione che ogni cittadino può fare qualcosa per rendere migliore la città in cui si vive. L'Alberone ha una storia che merita di essere raccontata.
Nel 1988 la vecchia quercia è
seccata ed è stata ripiantata a cura di un vivaio dell’Umbria. Il 7 novembre 2014 una bomba d’acqua si è abbattuta
su Roma e l’Alberone è crollato alle 7 di mattina. Il 20 novembre 2014 è stato
ripiantato e il giorno successivo (giornata nazionale dell’albero) inaugurato
alla presenza degli alunni delle scuole e del sindaco Ignazio Marino. Si tratta
di un leccio di 150 anni, alto 10 metri e con il diametro di m 1,60. A luglio
del 2015 l’albero era secco. Il 28 ottobre è stato ripiantato ma
nell’operazione di spostamento dal camion al terreno il tronco si è squarciato.
Un nuovo albero, l’ultimo, è stato piantato il 30 ottobre 2015 alle ore 12 (è
un alberello di 6 m).
Negli anni Venti la città arrivava fin
qui, sotto l’Alberone stazionava un barbiere con una sedia, una valigetta e
tutto l’occorrente per barba e capelli, vivere qui era come trovarsi in un
piccolo paese. Ai primi del Novecento intorno all’Alberone è sorto un mercato per il semplice motivo che la
cinta daziaria coincideva con il vallo ferroviario, era quindi il punto
naturale di incontro tra le merci che arrivavano dai Castelli e i romani della
zona. Aveva banchi e carretti di legno privi di ancoraggi al suolo, sempre più
grande, negli anni Sessanta si estendeva anche per via Paolo Paruta, ricordo un
venditore di lumache, le teneva in una grande cesta, ogni tanto le rimetteva
dentro perché gli animaletti tendevano ad uscire, si incontravano venditori di
sigarette di contrabbando. Il 5 novembre 1943 il portiere
del civico 1 di via Paolo Paruta trova un volantino: “Chiunque collabora con i
tedeschi è un traditore. Firmato i comunisti di Roma” (info da Mogavero Parisella,
Memorie di quartiere, pag. 127). Sul lato sud della piazza, al civico15-17 di
via Gino Capponi, aprì il suo primo negozio di salumeria-pizzicheria il
fondatore dell’azienda Innocenzo Fiorucci.
La sua famiglia, proveniente da Norcia, negli anni Venti gestiva solo
quell’esercizio nella Capitale. Oggi
l’azienda Fiorucci ha sede a Pomezia, ha 4.000 dipendenti e un fatturato di 300
milioni di euro (2010). Fino al gennaio 2016 i locali a piano terra erano usati
come rimessa dei banchi del mercato. Nel 2017 è stato realizzato un enorme
palazzo bianco di dieci piani. La bella palazzina ad angolo con via Carlo
Sigonio è stata per tanti anni sede
della DC. La quercia, ho meglio il leccio, ha dato il nome alla sezione del Pci che si trovava nelle
vicinanze, ora Pd, nei giorni successivi alla liberazione la sezione era in
circonvallazione Appia – nel cortile - dove fino a pochi anni fa è stata una
condotta medica (ora negozi di articoli sanitari). Scrive Vittorio Emiliani (giornalista, è
stato direttore del Messaggero negli anni Ottanta) in “Gli alberi e la storia”
ed. Ediletteraria “Alla caduta di Mussolini, il 26 luglio 1943 fu sotto
l’Alberone che si riunirono gli antifascisti, i giovani soprattutto, e i
componenti della cellula sovversiva del Poligrafico”. Durante i nove mesi di
occupazione tedesca di Roma due episodi si segnalano su questo albero. Il 7
novembre 1943 Lillo Pullara, giovane partigiano di Bandiera
Rossa, issa una bandiera rossa sull’albero, è l’anniversario della Rivoluzione
d’Ottobre, nelle stesse ore Carlo
Salinari tiene un comizio volante in piazza San Giovanni in Laterano. Uno
dei partigiani più attivi della zona, Antonio
Lalli, del Pci, venne arrestato e torturato a via Tasso, quindi venne
portato dai nazisti sotto l’alberone, quasi cieco e lasciato apparentemente
solo, la speranza era che qualcuno lo riconoscesse per poter arrivare ai
complici. Nessuno lo riconobbe. Dopo la liberazione la sorella raccontò che in
un colloquio, al momento dell’abbraccio disse che aveva riconosciuto due
compagni di lotta ma di non averli chiamati per non coinvolgerli nella
repressione. Antonio Lalli è stato fucilato a Forte Bravetta il 4 marzo 1944.
Lasciò un biglietto al figlio: “Me ne vado cosciente di aver sempre fatto il mio
dover di uomo”. Le notizie su Antonio Lalli da Trentagiorni n. 11 del novembre
1980, pag. 12, articolo a firma di Augusto Scacco.