sai come si chiama e dove si trova la villa con le pitture murali che vedi sotto.
Nelle foto di ieri la villa di Livia (museo di palazzo Massimo).
La villa di Livia
a Prima Porta sorge su un’altura tufacea, dominante la piana del Tevere
all’incrocio tra le antiche vie Flaminia e Tiberina. Grazie alle fonti storiche
si conoscono l’esatta collocazione topografica della Villa Caesarum al non
miglio della via Flaminia e la sua denominazione ad gallinas albas, derivata
dal noto prodigio occorso a Livia Drusilla mentre si recava nei suoi possedimenti
nella campagna veientana tra il 39 a.C. anno del fidanzamento con il giovane
Ottaviano e gli inizi del 38 subito dopo le nozze.
Plinio narra che
Livia “stando seduta, ricevette in grembo una ballina di notevole bianchezza
che un’aquila aveva lasciato cadere dall’alto illesa, e che teneva nel becco un ramo di alloro carico
delle sue bacche” e Cassio Dione aggiunge che “ritenendolo Livia un presagio
importante, allevò la gallina e piantò il ramo di alloro. Esso radicò e crebbe
così rigoglioso da rifornire con i suoi rami per lungo tempo i trionfi dei
successori”.
L’area ha subito,
dopo l’abbandono intorno al V secolo d.C. spoliazioni di materiali,
devastazioni dovute ai lavori agricoli e alla ricerca di antichità. Il
rinvenimento della statua di Augusto e della stanza semisotterranea con le
celebri pitture di giardino le ha dato grande notorietà ma non adeguata
protezione. Solo nel 1982 con l’acquisizione da parte dello Stato della sommità
della collina si sono avviate indagini sistematiche a cura della
Soprintendenza. Le recenti scoperte hanno ampliato la conoscenza della parte
abitativa (pars urbana), la cui continuità di vita va dall’età tardo
repubblicana ad almeno il IV secolo d.C.
All’istituto
Svedese di Roma è stato affidato lo scavo della parte produttiva (pars
rustica), individuata, grazie alle indagini geomagnetiche e geofisiche,
nell’area a settentrione del giardino grande.
Il 30 aprile 1863
“si scoprì verso levante nella prossimità delle sostruzioni… una camera… con
pareti pitturate in buono stato rappresentanti alberi di frutti e fiori con
augelli vari, la volta del tutto rovinata, ed i stucchi che la contronavano si
rinvengono tra i calcinacci di cui è ripiena la detta camera”.
Così riferiva un
sommario rapporto inviato al Ministro dei Lavori Pubblici dello Stato
Pontificio solo dieci giorni dopo l’altro eccezionale ritrovamento della statua
loricata di Augusto, ora conservata ai Musei Vaticani.
La stanza
semisotterranea, svuotata dal suo riempimento e temporaneamente puntellata con
travi lignee, rivelava una straordianria decoarazione pittorica stesa su tutti
e quattro i lati con raffigurazione continua di giardino, delimitata
all’attacco della volta da una fila di riquadri in stucco policromo. Pochi anni
dopo, a causa delle infiltrazioni d’acqua, il vano veniva isolato e coperto da
una volta a botte con prese di luce, ricostruita su base ipotetica. Nonostante
gli empirici e disparati interventi di risanamento, le condizioni degli
affreschi, sempre più critiche, costringevano l’Istituto Centrale del Restauro
nel 1951 a procedere al loro distacco.
Dopo
l’asportazione delle muffe e del salnitro e la saldatura delle scaglie di
colore sollevate, si provvedeva alla velatura delle pitture per mezzo di ampie
tele di canapa applicate con colla dolce. Per limitare le sezionature degli
affreschi, fu deciso di dividere in due le pareti lunghe e di asportare
integralmente quelle corte. Lo strato di intonachino sul quale era stesa la
pellicola pittorica, una volta strappato e supportato da un piano inclinato di
tavole, venne trasportato presso il museo delle Terme di Diocleziano per il
restauro e la successiva esposizione al pubblico. Il dipinto, rimossa e
sostituita la parte di intonaco avariata, riceveva un nuovo supporto. Si
procedeva quindi alla “svelatura” dai teli di canapa e alla pulizia delle
superfici dalle precedenti spennellature di cera e sostanze grasse.
Dal 1998 le
pareti dipinte sono esposte al palazzo Massimo, ricomposte in un ambiente dalle
dimensioni fedeli all’originale.