giovedì 20 giugno 2024

Sei romano de Roma se...

 sai come si chiama e dove si trova la villa con le pitture murali che vedi sotto.



Nelle foto di ieri la villa di Livia (museo di palazzo Massimo).

     La villa di Livia a Prima Porta sorge su un’altura tufacea, dominante la piana del Tevere all’incrocio tra le antiche vie Flaminia e Tiberina. Grazie alle fonti storiche si conoscono l’esatta collocazione topografica della Villa Caesarum al non miglio della via Flaminia e la sua denominazione ad gallinas albas, derivata dal noto prodigio occorso a Livia Drusilla mentre si recava nei suoi possedimenti nella campagna veientana tra il 39 a.C. anno del fidanzamento con il giovane Ottaviano e gli inizi del 38 subito dopo le nozze.

     Plinio narra che Livia “stando seduta, ricevette in grembo una ballina di notevole bianchezza che un’aquila aveva lasciato cadere dall’alto illesa, e  che teneva nel becco un ramo di alloro carico delle sue bacche” e Cassio Dione aggiunge che “ritenendolo Livia un presagio importante, allevò la gallina e piantò il ramo di alloro. Esso radicò e crebbe così rigoglioso da rifornire con i suoi rami per lungo tempo i trionfi dei successori”.

     L’area ha subito, dopo l’abbandono intorno al V secolo d.C. spoliazioni di materiali, devastazioni dovute ai lavori agricoli e alla ricerca di antichità. Il rinvenimento della statua di Augusto e della stanza semisotterranea con le celebri pitture di giardino le ha dato grande notorietà ma non adeguata protezione. Solo nel 1982 con l’acquisizione da parte dello Stato della sommità della collina si sono avviate indagini sistematiche a cura della Soprintendenza. Le recenti scoperte hanno ampliato la conoscenza della parte abitativa (pars urbana), la cui continuità di vita va dall’età tardo repubblicana ad almeno il IV secolo d.C.

     All’istituto Svedese di Roma è stato affidato lo scavo della parte produttiva (pars rustica), individuata, grazie alle indagini geomagnetiche e geofisiche, nell’area a settentrione del giardino grande.

     Il 30 aprile 1863 “si scoprì verso levante nella prossimità delle sostruzioni… una camera… con pareti pitturate in buono stato rappresentanti alberi di frutti e fiori con augelli vari, la volta del tutto rovinata, ed i stucchi che la contronavano si rinvengono tra i calcinacci di cui è ripiena la detta camera”.

     Così riferiva un sommario rapporto inviato al Ministro dei Lavori Pubblici dello Stato Pontificio solo dieci giorni dopo l’altro eccezionale ritrovamento della statua loricata di Augusto, ora conservata ai Musei Vaticani.

     La stanza semisotterranea, svuotata dal suo riempimento e temporaneamente puntellata con travi lignee, rivelava una straordianria decoarazione pittorica stesa su tutti e quattro i lati con raffigurazione continua di giardino, delimitata all’attacco della volta da una fila di riquadri in stucco policromo. Pochi anni dopo, a causa delle infiltrazioni d’acqua, il vano veniva isolato e coperto da una volta a botte con prese di luce, ricostruita su base ipotetica. Nonostante gli empirici e disparati interventi di risanamento, le condizioni degli affreschi, sempre più critiche, costringevano l’Istituto Centrale del Restauro nel 1951 a procedere al loro distacco.

     Dopo l’asportazione delle muffe e del salnitro e la saldatura delle scaglie di colore sollevate, si provvedeva alla velatura delle pitture per mezzo di ampie tele di canapa applicate con colla dolce. Per limitare le sezionature degli affreschi, fu deciso di dividere in due le pareti lunghe e di asportare integralmente quelle corte. Lo strato di intonachino sul quale era stesa la pellicola pittorica, una volta strappato e supportato da un piano inclinato di tavole, venne trasportato presso il museo delle Terme di Diocleziano per il restauro e la successiva esposizione al pubblico. Il dipinto, rimossa e sostituita la parte di intonaco avariata, riceveva un nuovo supporto. Si procedeva quindi alla “svelatura” dai teli di canapa e alla pulizia delle superfici dalle precedenti spennellature di cera e sostanze grasse.

     Dal 1998 le pareti dipinte sono esposte al palazzo Massimo, ricomposte in un ambiente dalle dimensioni fedeli all’originale.


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