domenica 28 maggio 2017

Mattinata sotto il segno dei pesci

Questo il tema della pedalata di oggi organizzata da VedriROMAinBici, eravamo in 31.
foto ricordo "Dar Filettaro"
     Ci troviamo in una piazzetta lugo via dei Giubbonari, non lontano dal vociare del mercato di Campo dei Fiori, qui è il tempio del filetto di baccalà, una specialità romana racchiusa in una leggera pastella croccante, fritta e portata ad unta doratura nel grembo di tre diverse padellacce di ferro annerite. Si può mangiare al volo, avvolto nella carta canepina o seduti. Nel menù poche voci: pane e alici, affettati misti, zucchine fritte, fagioli, bruschette e – in estate – fette di cocomero. Un piatto speciale sono le “puntarelle”, cicoria con salsa di acciughe e aglio. Servizio essenziale, tavoli di legno e tovaglie di carta, personale giovane e cordiale. In estate i tavoli invadono con discrezione la piazza. E’ aperto solo la sera , ferie ad agosto. Sembra che le Monde lo abbia recensito, Eugenio Pacelli, papa Pio XII, mandava il suo cameriere personale a comprare i filetti di baccalà.

     Al civico 89 di piazza di Trevi si trova la farmacia Pesci, la cui origine risale alla metà del XVI secolo. E’ la più antica di Roma, forse d’Europa. Molti sono gli oggetti antichi che essa conserva e che sono visitabili da tutti. A destra dell’ingresso, sopra una base di marmo, è visibile un grande mortaio in bronzo con inciso il numero 1552, forse riferito all’anno di apertura della bottega di speziali. Poggiati sul banco due vasi di porfido con coperchio, uno dei quali avrebbe dovuto contenere, per volere di Augusto Castellani, le ceneri di Giuseppe Garibaldi. In esposizione anche due denti ossidicati di pesce, dentellati, dono di missionari.
     Risalgono al Settecento i mobili in noce scuro, il banco di vendita, con sportelli muniti di piccole maniglie d’ottone, dello stesso secolo le eleganti scaffalature con 42 grandi scatole per le erbe in legno di sandalo, alcune con scritte. Notare i tre vasi in ceramica, unici superstiti dei 150 andati perduti nel 1911 durante il trasferimento da altra sede sempre sulla stessa piazza.
     Sulla parete di fondo della farmacia si trova un grande armadio settecentesco sormontato da un timpano, al di sopra il quadro della Madonna con Bambino tra San Francesco e San Giuseppe. Due porte, incorporate ai lati, separano l’antico laboratorio dal locale di vendita
     Nel medioevo il mercato del pesce era tra le rovine del Portico d’Ottavia e rimase lì fino alla fine dell’Ottocento, divenendo uno dei luoghi più pittoreschi di Roma.
     Nel periodo imperiale il mercato del pesce, detto Foro Piscario, era a Nord del Foro Romano, presso l’Argileto. Dopo il 1870 il mercato del pesce venne portato in via di San Teodoro dove ora è il mercato di Campagna Amica con prodotti a Km zero. Dal 2002 (sindaco Veltroni) è stato portato nel Centro Agroalimentare che si trova nella Tenuta del Cavaliere (Guidonia).
     Il Portico d’Ottavia era un complesso monumentale di Roma antica del periodo augusteo, sostituiva il portico di Metello del II sec. a.C. Era un recinto porticato che circondava i templi di Giunone Regina e di Giove Statore. I resti attualmente visibili appartengono ad un radicale restauro dei tempi di Settimio Severo (193-211).
     Il tempio di Giove Statore è visibile sul retro della chiesa di Santa Maria in Campitelli, è opera di un architetto greco Ermodoro di Salamina, il primo interamente in marmo di Roma (131 a.C.). Il portico di Metello Macedonico (vincitore della Macedonia nel 146 a.C.) conteneva le 24 statue equestri dei compagni di Alessandro Magno morti nella battaglia di Granico, opera di Lisippo, provenienti da Dion in Macedonia. Vi era anche la statua di Cornelia, la madre dei Gracchi, prima statua di donna esposta a Roma. Dal circo Flaminio (dove oggi è via del Portico d’Ottavia e la sinagoga) partivano i cortei trionfali.
     Tra il 27 e il 23 a.C. si ebbe una radicale ricostruzione del complesso, finanziata dal bottino della conquista della Dalmazia di Ottaviano, che lo dedicò alla sorella Ottavia. In questi lavori venne aggiunto l’ingresso monumentale sporgente al centro del lato verso il circo Flaminio. Nel 442 subì i danni di un terremoto, in seguito al quale due delle colonne dell’ingresso vennero sostituite dall’arcata tutt’ora esistente. Intorno al 770 venne edificata la chiesa di “San Paolo in summo circo”, poi Sant’Angelo in Pescheria, tutt’ora esistente. Dalla sua istituzione entrò a far parte del ghetto di Roma (1555 Paolo IV Carafa).
     La chiesa di Sant’Angelo in Pescheria ha una impronta quattrocentesca, in fondo alla navata sinistra si trova la “Madonna degli Angeli” affresco di Benozzo Gozzoli o della sua scuola. Si tratta di un importante pittore toscano allievo del Beato Angelico. Di notevole interesse la cappella di Sant’Andrea, sede della Compagnia dei Pescivendoli, ornata dal pavimento in marmo con al centro la tecnica dell’opus sectile che raffigura lo stemma dell’università dei pescivendoli. La chiesa deve la sua fama ad un evento storico: nel 1347, la notte di Pentecoste[1], da qui prese le mosse Cola di Rienzo per prendere il Campidoglio e ristabilire la Repubblica.


[1] Pentecoste. Giorno nel quale si ricorda la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli riuniti con Maria nel Cenacolo, cinquanta giorni dopo la Resurrezione di Cristo.
     Questa scultura è quanto resta della mostra dell’acquedotto chiamato Acqua Pia – Marcia, inaugurato d Pio IX pochi giorni prima della presa di Porta Pia. La mostra si trovava tra l’attuale piazza della Repubblica e la stazione Termini, era formata da una serie di vasche a varie altezze, senza decorazioni. In occasione della visita dell’imperatore tedesco Guglielmo II, furono collocate leoni di gesso ai quattro angoli della fontana per migliorarne l’aspetto. I romani si lamentarono di questa sistemazione provvisoria, così il comune chiamò lo scultore siciliano Mario Rutelli che propose quattro sculture di ninfe acquatiche: le Najadi. Quando le sculture vennero poste in opera furono molto criticate, perché si trattava di nudi femminili, mancava la statua centrale. Per questa Rutelli preparò un gruppo insolito comprendendo tre figure umane, un delfino e un polpo avvinghiati in una lotta. Il modello in malta fu posto in cima alla fontana, ma venne ancor più duramente criticato e detto “il fritto misto”. Allora Rutelli fuse nel bronzo una figura maschile che abbraccia un delfino e il “fritto misto” finì nei giardini di piazza Vittorio dove decorava un laghetto. Negli anni Settanta il laghetto fu eliminato per la costruzione della metropolitana, e il “fritto misto” è rimasto lì – ancora una volta – senza scopo.
     L’edificio nacque per iniziativa di un ittiologo, Pietro Garganico, che intorno al 1880 presentò al Comune un progetto per realizzare un acquario e luogo di piscicultura, l’edificio doveva sorgere in via Nazionale. In quegli anni l’Esquilino era il centro delle sviluppo edilizio di Roma, così nel 1882 il comune diede in concessione gratuita a Gargano il terreno di questa area per costruire l’acquario. Così venne costruito l’edificio su progetto di Ettore Bernich[1] tra il 1885 e il 1887. Ma la società che lo costruì presto fallì e l’edificio tornò al comune. La struttura fu riutilizzata per varie iniziative, spettacoli teatrali, cinematografici, feste, mostre, anche spettacoli circensi. Negli anni Trenta divenne un deposito del vicino teatro dell’Opera e di uffici comunali, cadde in abbandono. Nel 1984 iniziò un lungo restauro teso a restituire l’immagine originaria. Nel 2002 il comune di Roma (Veltroni sindaco) lo ha adibito a sede della Casa dell’Architettura, all’interno si trova una libreria specializzata in architettura e un caffè.
     Si tratta di una costruzione che imita lo stile classico, a pianta circolare e presenta un pronao con edicole. Il corpo cilindrico è scandito da semicolonne e paraste. Le decorazioni sono di stile marino. Nel giardino che precede e circonda l’edificio sono state scoperti resti archeologici durante i lavori di restauro degli anni Ottanta e Novanta. Nel giardino si espongono sculture di arte contemporanea.


[1] Ettore Bernich (Roma 1848 – 1918) architetto, oltre all’Acquario Romano ha progettato il palazzetto che porta il suo nome in piazza del Colosseo (quello dove è ambientato il film “La grande bellezza”), e vari palazzi nel centro storico di Roma.


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