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Nella foto di ieri l'acquedotto dell'acqua Marcia condotta a Roma nel 144 dal pretore Quinto Marcio Re, le sue arcate furono riutilizzate per l'acquedotto Felice nel Cinquecento.
L’Acqua
Marcia è il terzo acquedotto di Roma antica in ordine di tempo (Aqua Appia
e Anio Vetus), è il più lungo di Roma antica, lungo circa 90 Km di cui 80
sotterranei, subì nel tempo numerosi restauri: con Augusto fu in gran parte
ricostruito e venne raddoppiato nella portata con la captazione di una nuova
sorgente detta Aqua Augusta nei pressi di Agosta, con Caracalla venne
potenziata la portata con una nuova sorgente presso Arsoli e realizzò la
diramazione dell’Aqua Antoniniana, da porta Furba (tracce sotterranee in
circonvallazione Appia, sopraelevate in piazza Galeria, scavalca l’Appia
sull’arco di Druso) destinata ad alimentare le terme di Caracalla. Diocleziano
fece lo stesso. Le sue arcate vennero utilizzate anche per i condotti dell’Aqua
Tepula e l’Aqua Iulia. Augusto, Tito e Caracalla lasciarono sulla porta
Tiburtina iscrizioni a memoria dei loro interventi.
Raccoglieva l’acqua da una sorgente
nell’alto corso dell’Aniene, oggi presso Marano Equo. Il primo tratto
costeggiava la riva destra del fiume, lo scavalcava poco prima di Vicovaro,
aggirava i monti Tiburtini, arrivava alla Prenestina. Giunto a Capannelle
puntava su Roma seguiva la via Latina per circa Km 9, giungeva a Porta Maggiore
(“ad spem veterem”) dove giungevano altri acquedotti, seguiva le mura
Aureliane, superava quella che poi divenne porta Tiburtina e terminava presso
porta Collina, dove oggi è via XX Settembre/via Piave. Qui sorgeva un castello
di distribuzione delle acque. Il ramo principale copriva i 2/3 delle regioni
urbane, un ramo secondario partiva da porta Tiburtina e serviva Celio e
Aventino. La sua portata alla sorgente era di 2.251 litri al secondo. Tutti gli
acquedotti erano costruiti con una pendenza costante di 20 cm per ogni Km.
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