Per iniziare: una sorpresa,
via dei Fori Imperiali occupata dai preparativi per la festa del 2 giugno.
Foto copertina della giornata: siamo davanti alla ruota degli esposti
dell'ospedale Santo Spirito in Sassia.
Eccoci alla partenza, siamo in 19.
Una sosta per riprendere il fiato,
dopo la salita di via Nazionale,
qui siamo in piazza della Repubblica.
Nel tratto di mura Aureliane tra piazza
Fiume e via Po si trova una palla di cannone incastrata, risale al 20 settembre
1870, quando gli italiani entrarono a porta Pia e Roma fu unita al resto
dell’Italia. La palla si trova nella penultima torre prima di arrivare al varco
in corrispondenza di via Po.
Le mura Aureliane furono costruite
dall'imperatore romano Aureliano tra il 271 e il 273. Dopo aver subito numerose
ristrutturazioni oggi si presentano in un buon stato di conservazione come
poche città italiane possono vantare, ad esempio a Firenze le mura furono
demolite con l'Unità d'Italia, restano solo alcune porte. Oggi sono lunghe Km
12,5.
Nel 260 gli Alemanni erano riusciti ad
arrivare fino a Roma ma rinunciarono a saccheggiarla, nel 270 l'imperatore
Aureliano riuscì ad arrestare gli Alemanni e i Goti presso Piacenza, non senza
difficoltà. Ci si rese conto allora della necessità di proteggere la città con
delle mura poichè lo Stato versava in una situazione di profonda crisi. La
costruzione delle mura iniziò nel 271 e ci vollero due anni di lavori, ma il
completamento avvenne solo nel 280 con l'imperatore Probo. Il progetto era
improntato alla massima velocità di realizzazione e semplicità strutturale.
Certamente gli esperti militari ebbero un ruolo fondamentale nella
realizzazione delle mura. A Massenzio si devono alcuni interventi di rinforzo
delle mura e alla costruzione di un fossato che però fu concluso da Costantino.
Il tracciato seguiva in buona parte gli
uffici di dogana che si trovavano lungo le vie di accesso alla città, si
trattava di una linea immaginaria fissata nel 175. Per una maggiore velocità di
esecuzione dell'opera diverse costruzioni preesistenti vennero incluse nei 19
Km di perimetro, fra queste: il Castro Pretorio, l'Anfiteatro Castrense e la
Piramide Cestia. Inoltri diversi tratti degli acquedotti vennero inglobati
nelle mura.
Le mura di Roma erano alte dai 6 agli 8
metri, più due metri di fondazione, avevano uno spessore di m 3,30. Per
risparmiare le spese di esproprio il 40% del perimetro venne fatto passare su
terreno demaniale. Ogni 30 metri vi era una torre, in tutto erano 381, avevano
pianta rettangolare (ai lati delle porte erano cilindriche, si discute se
questa fosse una innovazione di Onorio!). Nelle mura si aprivano 14 porte oltre
a diversi passaggi secondari. Sul cammino di ronda esistevano 116 servizi
igienici.
Uno dei più antichi ospedali
d’Europa. L’ospedale venne costruito per accogliere i fanciulli abbandonati e
per evitare che madri snaturate gettassero i neonati nel Tevere. Per questo è
presente una ruota degli esposti, garantiva l’anonimato di chi abbandonava il
figlio indesiderato. I piccoli venivano marchiati con una doppia croce sul
piede sinistro e nuovamente esposti per una nuova adozione. C’era anche la
registrazione di “filius m. ignotae”, che nel linguaggio popolare divenne
figlio di mignotae, da cui mignotta, cioè prostituta. Nel 1511 Lutero fu
scandalizzato dal gran numero di figli abbandonati e pensò che erano tutti
figli del Papa.
La costruzione iniziò nel 1198 su terreno
della Scola Saxorum, quindi inglesi e con l’autorizzazione del re Giovanni
Senza Terra, il progetto si deve a Marchionne d’Arezzo, un sogno di Innocenzo
III[1]
favorì la costruzione. A seguire il papa
chiamò Guido di Montpellier che aveva istituito nel Sud della Francia un ordine
religioso che curava gli infermi, detta di Santo Spirito. Sisto IV[2]
demolì tutto e fece ricostruire l’ospedale nel 1475 da Baccio Pontelli[3],
Giovanni de’ Gherarducci e Andrea Bregno. Caratteristica dell’edificio è
l’ottagono che divide in due ali la cosiddetta Ala Sistina. Nei periodi di
carestia si aggiungevano posti al centro della corsia, chiamati cariole, da qui
l’invettiva romanesca. Una importante trasformazione avvenne nel Seicento che
manomise la facciata e aggiunse una seconda corsia. Nel 1742 Ferdinando Fuga[4]
aggiunse una terza corsia, demolita a fine Ottocento e sostituita dal massiccio
edificio sul lungotevere.
I frati ospedalieri preparavano i farmaci
in locali attigui, gli strumenti usati per questo lavoro costituirono il primo
nucleo del museo storico dell’Arte Sanitaria creato nel 1933. Preziosa la
Biblioteca Lancisiana, fondata nel 1711 dal medico Giovanni Maria Lancisi che
raccoglie oltre diecimila tra libri, opuscoli e manoscritti di arte sanitaria.
Al civico 3 si trova il palazzo del Commendatore, ossia il Rettore
dell’Ospedale, costruito su progetto di Nanni di Baccio Bigio nel 1567-1571, su
preesistente edificio quattrocentesco distrutto durante il sacco di Roma del
1527. All’interno un ampio cortile con vasto porticato sul quale corre un
loggiato a grandi archi e colonne di marmo, in esso curioso orologio barocco a
forma di cappello cardinalizio, diviso in sei ore (1827).
[1] Innocenzo III 1198-1216.
Lotario dei Conti di Segni. Nato
ad Anagni. Afferma il principio teocratico. 1215 Concilio Lateranense
[2] Sisto IV 1471- 1484. E' il Papa che fece costruire la cappella
Sistina e il ponte Sisto sul Tevere a Roma. Francescano, docente in varie
università italiane. Il suo monumento funebre, simile ad un cofanetto di arte
orafa si trova in San Pietro.
[3] Baccio Pontelli (1450-1495) architetto, soprattutto militare ed
ebanista nativo di Firenze. Rocca di Ostia e chiesa di Sant'Aurea, rocca di
Senigallia, mura di Jesi, progetto della Cappella Sistina realizzata da
Giovannino De Dolci. Chiesa di San Pietro in Montorio. Sue le tarsie nello
studiolo di Federico da Montefeltro ad
[4] Ferdinando Fuga (Firenze 1699-Roma 1781) fu architetto dei palazzi
pontifici, a Roma realizzò la Manica Lunga al Quirinale, il palazzo della
Consulta, la facciata di Santa Maria Maggiore e a Napoli l'Albergo dei Poveri e
la chiesa dei Girolamini. Palazzo Ferrini Cini in piazza di Pietra. Ha
parzialmente ricostruito il Triclinio Leoniano in piazza di Porta San Giovanni.
Rappresenta il tipo più perfetto di
basilica cristiana del V secolo. La chiesa fu fondata da Pietro d’Illiria tra il 422 e il 443 su la casa di
Sabina, nobile convertitasi al cristianesimo per gli insegnamenti di un suo
schiavo e martirizzata sotto Adriano. Nel 1222 Onorio
III[1]
la dette a San Domenico[2]
per il suo ordine che eresse il campanile e il chiostro (ancora appartiene ai
domenicani). Restauri condotti nel 1914-19 e nel 1936/38 da Munoz le ridiedero il volto antico.
Si passa nell’atrio dove si
trovano i battenti della porta principale della chiesa in cipresso del V
secolo, su di essa rimangono 18 scene del Vecchio e del Nuovo Testamento.
L’interno è suddiviso in tre navate divise
da 24 colonne corinzie. A sinistra dell’ingresso su una colonna è posta la
cosiddetta “Pietra del Diavolo”. Secondo un’antica tradizione, il diavolo,
scagliò la pietra contro il santo raccolto in preghiera, ma non lo colpì, il
che aumentò la rabbia del diavolo che non riusciva a far suo il povero Domenico
(!?). E’ una pietra nera, di basalto. In controfacciata fascia a mosaico
del V secolo con due donne che rappresentano la chiesa di Gerusaleme con
l’Antico Testamento e la Chiesa Romana con il nuovo, sopra la porta un
frammento di iscrizione (attribuito a Paolino da Nola) commemora Pietro
d’Illiria e papa Celestino I in essa si afferma la supremazia del vescovo di
Roma. Lungo la navata centrale raro fregio di marmi policromi del V secolo, anche
nell’abside. Il soffitto ligneo è dell’ultimo restauro. Al centro della navata
centrale pietra tombale di uno dei primi generali domenicani Munoz de Zamora
(1380). La schola cantorum con gli amboni è stata ricostruita con vari
pezzi antichi ritrovati nel pavimento e nei muri.
Nella navata destra colonna
interrata per 2/3, indica il livello della più antica costruzione. La cappella
di San Giacinto reca la pala d’altare: “Vergine e San Giacinto” (1600) di Lavinia Fontana[3].
Il convento venne fondato nel 1220
da San Domenico, in esso tenne la cattedra San Tomaso
d’Aquino[4],
chiostro romanico del XIII secolo.
Da una finestra
si vede la pianta d’arancio che la tradizione vuole piantata da San
Domenico stesso.
[1] Onorio III (Cencio
Savelli, m 1227) proseguì la lotta contro gli albigesi, approvò gli ordini
domenicano 1216 e francescano 1223. Incoronò imperatore Federico II nel 1220,
determinando l’unione personale delle corone imperiale e siciliana cui il
papato era stato sempre ostile.
[2] San Domenico (Domenico
di Guzman 1170 c. – 1221) religioso spagnolo, santo (festa il 7 agosto).
Inviato in Linguadoca a convertire gli albigesi, nel 1215 fondò l’ordine dei
predicatori (domenicani).
[3] Lavinia Fontana (Bologna1552
– Roma 1614) pittrice, figlia e allieva di Prospero, interpretò in maniera elegante
modelli di Raffaello, Parmigianino e T. Zuccari. Il genere che la rese celebre
fu il ritratto ed espresse le esigenze di severità morale della Controriforma.
Un suo “Autoritratto alla spinetta” è all’Accademia di San Luca a Roma.
[4] Tommaso d’Aquino (Roccasecca,
Aquino 1225 c. – Fossanova Latina 1274) filosofo e teologo, santo (festa il
28.1). Discepolo di Alberto Magno, insegnò a Parigi, fu teologo della Curia
papale. Tra le sue opere i numerosi Commentari di Aristotele e la Summa
theologica del 1267-73 Tommaso opera una netta distinzione tra filosofia e
fede: la ricerca razionale è sostenuta da principi evidenti, mentre la fede
presuppone la rivelazione divina. La prima è giunta con Aristotele al massimo
livello, oltre il quale non c’è che la verità soprannaturale della
fede.Integrare filosofia e fede, aristotelismo e cristianesimo è il compito che
Tommaso si assume. Da Enciclopedia Universale Garzanti.
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