Nella foto di ieri il teatro di Marcello che si trova nella via omonima.
Costruito
a più riprese tra il 46 e il 13 a.C. per
volere di Cesare prima e di Augusto poi, che lo dedicò al nipote, figlio della
sorella Ottavia, scomparso in giovane età, a lui pensava di trasmettere il
potere (una statua in bronzo dorato venne posta sulla scena). Funzionò come
teatro fino al IV secolo (anche se nel 370 alcuni blocchi di travertino furono
utilizzati per il restauro di ponte Cestio).
La sua costruzione fatta con il patrimonio
personale di Augusto, esproprio del terreno compreso, comportò l'abbattimento
di parte del circo Flaminio - che da allora divenne una semplice piazza - e lo
spostamento di alcuni edifici sacri come il tempio di Apollo Sosiano[1] e
il tempio di Bellona. Vari i restauri nel corso dei secoli.
Nel medioevo si trasformò in castello
fortificato, fu proprietà dei Pierleoni, poi dei Faffo e dal XIII secolo dei
Savelli che diedero incarico a Baldassarre Peruzzi di erigere il palazzo
tutt'ora esistente sopra le arcate della facciata. Nel Settecento passò agli
Orsini a cui ancora appartiene nonostante gli espropri degli anni Trenta nei
quali furono eliminate le botteghe e abitazioni che occupavano le arcate e lo
spazio circostante. I fornici interrati per circa 4 metri furono riportati alla
luce.
La cavea a pianta semicircolare è sorretta
da sostruzioni, muri a raggiera, collegati da volta a botte inclinate sotto i
gradini della cavea, vengono interrotti da due ambulacri concentrici, uno
esterno, che si apre con arcate e uno più interno. Gli ambienti più esterni
furono utilizzati fin dalla costruzione come botteghe. Un ambiente centrale
presenta sulla volta decorazioni in stucco bianco articolata in tondi e
ottagoni con figure di repertorio. Il teatro poteva ospitare 15.000 persone, in
casi particolari si poteva arrivare a 20.000.
La facciata in travertino presentava tre
ordini, i due inferiori con le arcate inquadrate da un ordine di semicolonne
doriche (prive di base) al piano terreno e ioniche superiormente.
Originariamente le arcate erano 41. I due ordini sono separati da una fascia
con risalti in corrispondenza delle semicolonne, che funge da marcapiano. Dell'attico
restano poche tracce. Le chiavi d'arco erano decorate da grandi mascheroni
teatrali in marmo bianco, alcuni sono stati recuperati. L'altezza originaria
doveva così raggiungere i 32,60 metri circa (oggi misura 20 metri).
A causa della natura paludosa del terreno,
vicino al fiume, le fondazioni furono rafforzate con pali di rovere, sopra i
quali venne gettata una piattaforma di calcestruzzo. La cavea del diametro di
129,80 metri, era divisa in una parte inferiore accessibile dall'ambulacro, una
intermedia accessibile dal secondo piano e una parte superiore accessibile
dall'ultimo livello. Presso l'orchestra sono venuti alla luce i posti in marmo con seggi riservati alle
autorità.
La
scena - celebrata per la sua sontuosità - è completamente perduta ma ci rimane
in un frammento della Forma Urbis Severiana[2],
la pianta di Roma del III secolo. Aveva un portico di sei colonne rivolto
all'esterno, ai lati due aule con volte a crociera, dietro la scena due
tempietti.
[1] Tempio di Apollo Sosiano importantissimi resti del frontone sono
conservati alla Centrale Montemartini.
[2] Forma Urbis Severiano o Romae, è una pianta della città di Roma
incisa su lastre di marmo dell'epoca di Settimio Severo (203-211), era
collocata nel tempio della Pace oggi chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Era di m
13 x 18. Se ne conservano 1.186 frammenti nei musei Capitolini. il 10/15% del
totale, ma abbiamo disegni rinascimentali di altri pezzi andati perduti.
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