Eccoci alla partenza da villa Fiorelli, siamo una trentina,
poi aumenteremo strada facendo fino a 44.
Prima tappa al parco 19 luglio 1943.
Il 19 luglio 1943 alle undici del mattino
il quartiere fu colpito dal famoso bombardamento alleato, in varie ondate
arrivarono 662 bombarieri e 268 caccia dalla Tunisia, Algeria e Libia. L’unica
breve relazione italiana parla di 3.000 bombe sganciate e di oltre 2.000 morti
e 2.000 feriti, in realtà si è accertato successivamente che i morti furono non
meno di 3.000 (la metà di questi nel solo quartiere di San Lorenzo) e i feriti
tra gli 11.000 e i 12.000. Le bombe avevano un peso complessivo di 1.060 t,
vennero sganciate da un’altezza di 6.000 metri, impiegarono a toccare terra
1’10”. Si verificò immediatamente un massiccio esodo degli abitanti anche con
il ritorno ai paesi di origine (in genere paesi dell’Italia centrale), il
quartiere restò quasi deserto e le infrastrutture distrutte. La ricostruzione
eliminò gli ultimi spazi non costruiti e fu accompagnata da una spinta di
immigrazione proveniente dal Sud Italia. L'effetto sulla popolazione romana fu
devastante, era chiaro a tutti che dopo lo sbarco delle truppe anglo americane
in Sicilia (10 luglio) e questo bombardamento al quale nulla era stato opposto,
la guerra era ormai chiaramente persa. Il 25 luglio la riunione del Gran Consiglio del Fascismo vide la
messa in minoranza di Mussolini con l'ordine del giorno Grandi. Nello stesso
giorno Mussolini fu arrestato, era la caduta del fascismo, il re affidava il
governo al generale Badoglio. A questo bombardamento ne seguirono 51, il 13
agosto Roma fu vittima di un secondo bombardamento. Il 14 agosto Badoglio dichiarò che Roma era una città aperta, cioè si
impegnava a trasferire i comandi militari dalla capitale e a non usare le
infrastrutture cittadine per spostare uomini, mezzi e armamenti.
Seconda tappa in viale Giulio Cesare dove una lapide ricorda il sacrificio di Teresa Gullace.
E' la figura a cui si è ispirato
Roberto Rossellini nel film "Roma città aperta" affidandone il ruolo
ad Anna Magnani/Pina. Il 3 marzo 1944 alle ore 10,30 un folto gruppo di donne
si erano radunate per chiedere la liberazione dei loro uomini arrestati nel
corso di un rastrellamento (qui vi era il comando dell'81° fanteria). Teresa
era una donna di 37 anni, madre di cinque figli ed in attesa di un sesto.
Abitava a porta Cavalleggeri. Quando Teresa, con il figlio Umberto di 12 anni
per mano, scorse il marito Girolamo da una finestra, cercò di avvicinarsi ad
esso, forse per dargli del cibo o semplicemente per parlargli, partì un colpo
di pistola, colpì Teresa che morì sul posto. Carla Capponi estrasse la pistola
e venne bloccata dai militari, per fortuna Marisa Musu fu svelta a infilargli
una tessera del Pnf in una tasca, quella tessera gli salvò la vita. Le donne
improvvisarono una camera ardente in strada.
I suoi funerali videro la partecipazione di molte donne. Il liceo
scientifico a lei intitolato a piazza Cavalieri del Lavoro ospita un busto
opera di Ugo Attardi. Dal 1977 è
medaglia d’oro al merito civile.
Terza tappa al palazzo Cesi Gaddi presso nelle vicinanze di via Zanardelli.
Il palazzo è sede della Procura Generale Militare, qui negli
scantinati, nel 1994, il procuratore generale militare presso la corte di
cassazione Antonio Intelisano, scoprì il cosiddetto “Armadio della Vergogna”. Fu
un giornalista dell’Espresso, Franco Giustolisi, a denuciarene per primo
l’esistenza. All’interno erano stati nascosti seicentonovantacinque fascicoli
sui crimini commessi dai nazifascisti tra il 1943 e il 1945: Marzabotto,
Sant’Anna di Stazzema, Fivizzano, Civitella Val di Chiana e tante altre stragi.
Pagine
della nostra storia ricostruite grazie alle testimonianze dei sopravvissuti e
al lavoro di carabineri e soldati americani o inglesi che registrarono quelle
voci a ridosso degli accadimenti. Un capitolo archiviato nel 1960. La ragione
era sostanzialmente quella di mantenere buoni rapporti con la Germania.
Finalmente nel 2003 venne istituita una
commissione parlamentare d’inchiesta. Ora in rete il loro lavoro. Tra le
novità emerse: dieci istituti religiosi romani dove trovarono rifugio i
gerarchi nazisti: la cosiddetta via dei conventi. Tra questi: il convento dei
Salvatoriani in via della Conciliazione, dei Pallattini in via dei Pettinari,
dei Frati Cappuccini in via Veneto dove fu nascosto Adolf Eichmann
(organizzatore dei campi di concentramento, sfuggito al processo di Norimberga,
catturato in Argentina dai servizi segreti israeliani). Al centro della tela il
vescovo austriaco Alois Hudal che era nazista convinto.
Grazie Piero, sono luoghi e notizie molto interessanti che mi hanno emozionato;lunedì 25 aprile ho seguito i documentari storici su RAI storia canale 54, c'è sempre qualche episodio nascosto che viene alla luce e disegna un momento storico drammatico di grande umanità, coraggio e solidarietà. Arnaldo
RispondiEliminaGrazie per aver inserito un tuo commento. Io ho scritto un testo che contiene 71 luoghi di Roma che ricordano la Resistenza. Grazie anche per le parole di apprezzamento che mi rivolgi.
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