martedì 20 dicembre 2011

Impariamo a pedalare: l'abbigliamento.

   Tra le voci inglesi entrate nell'uso comune, in ossequio alla moda,
non per necessità, figura il design. Termine inglese che deriva, guarda
un po' dal nostro "disegno".Si indica con questo termine il disegno
appositamento creato per oggetti da produrre in serie. Le nostre fabbriche
di abbigliamento sportivo l'applicano ora a quello ciclistico e, con
cura di particolari, a quello dei corridori.
Il negozio Decathlon alla Romanina che offre un vasto assortimento di abbigliamento sportivo.
   All'origine le maglie dei ciclisti erano normali maglioni chiusi al
collo e su una spalla da una semplice abbottonatura. Col nascere delle
sponsorizzazioni (altro termine inglese, ma derivante dal latino) le
maglie ebbero colori differenziati e fogge diverse.Negli anni di Moser
la tuta del ciclista deve essere completamente aderente al corpo
dell'atleta per evitare resistenza dell'aria. La stessa cosa vale per
le scarpe che non devono avere lacci. Una volta la testa era coperta da
berretti multicolori o lasciata disinvoltamente scoperta. E' scientifi-
camente provato che tale usanza può costare il ritardo di un minuto
su 40 chilometri percorsi a una velocità superiore ai 30 km/h. Per noi
che passeggiamo in bici per le strade di Roma vanno benissimo le normali
tute in vendita in tutti i negozi di abbigliamento sportivo e casco
in testa per la sicurezza personale. C'è anche chi veste normalmente,
con pantaloni, camicia, maglione, senza scarpe da ginnastica. Il buon
senso dice di vestirsi a strati, in modo da potersi sempre alleggerire
se necessario. D'estate non c'è problema, abbigliamento più leggero
possibile. Punto e basta!

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