giovedì 30 gennaio 2020

Solo oggi: possiamo vedere da vicino la Fornarina di Raffaello



   Solo oggi è possibile vedere da vicino La Fornarina di Raffaella che è sottoposta a nuove analisi ieri e oggi. Il quadro lascerà la galleria per finire in bella mostra nelle Scuderie del Quirinale per circa un anno, per celebrare i 500 anni dalla morte di Raffaello. Il quadro è stato liberato dal vetro e dalla cornice che lo proteggevano per avere sempre un clima costante. Tecnicamente sarà sottoposto a scansione macro della fluorescenza dei raggi X. Servirà, grazie alle immagini ad alta risoluzione degli elementi chimici, a conoscere la natura dei pigmenti, la tecnica pittorica e lo stato di conservazione.
   Una occasione ghiotta per tutti gli amanti dell'arte, di Roma e della bellissima giovane donna amata da Raffaello.

RAFFAELLO, LA FORNARINA, 1520 circa. Proviene dalla collezione Barberini per acquisto dello Stato nel 1934. Secondo la tradizione la donna ritratta sarebbe Margherita Luti, figlia di un fornaio trasteverino, ce ne parla Vasari nelle Vite come della sua amante e modella preferita. E’ il ritratto di una popolana, il copricapo ce lo dimostra, vedere il confronto con la “Dama con unicorno” alla galleria Borghese. Raffaello la ritrae seminuda nell’atteggiamento di Venus pudica, con gli attributi della dea della bellezza e dell’amore, infatti alle sue spalle si scorge un cespuglio di mirto, pianta sacra a Venere e un ramo di melo cotogno simbolo di amore carnale. Un rubino è simbolo di passione, la perla di purezza. Il gioiello sui capelli è simile alla velata di Palazzo Pitti. Un piccolo anello è segno d’amore, come l’anello di fidanzamento o fedina di oggi. Sul braccio sinistro un’armilla reca la scritta “Raphael Urbinas”, oltre che firma, maliziosa allusione di possesso della donna. L’artista muore dipingendo questo quadro. In occasione del restauro del 2000 approfondite indagini hanno rilevato la presenza di un disegno sottostante che è tipico di Raffaello. Dopo la morte di Raffaello, quest’opera che era nel suo studio, passo a Giulio Romano. F.I. è la sigla dell’inventario Barberini da cui l’opera proviene.

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