Il sito archeologico di Casal de’ Pazzi
venne scoperto durante lavori di urbanizzazione nel 1981. Il ritrovamento di
una zanna di elefante diede il via ad indagini sistematiche che portarono alla
scoperta di reperti su un’area di 1.200 mq databili 200.000 anni fa[1]. In
sei anni di scavi il deposito è stato interamente investigato, circa un terzo
di esso è stato preservato.
Il
deposito è costituito da sabbie e ghiaie in massima parte di origine vulcanica.
Vennero alla luce oltre 2000 reperti faunistici tipici di climi
temperati-umidi, resti di animali come l’elefante antico, l’uro (bue
primigenio), l’ippopotamo, il rinoceronte, ma anche resti umani come un cranio,
in tutto 2.200 resti ossei e oltre 1.500 manufatti in selce. Tali resti sono
dovuti al trasporto della corrente del fiume e riferibili al paleolitico medio.
I resti umani sono del genere homo
con caratteristiche preneandertaliane. Il tutto in un tratto di corso fluviale
abbandonato, forse una diramazione del vicino fiume Aniene. Fa parte di una
serie di depositi pleistocenici nella maggior parte scomparsi a causa
dell’avanzare della città: Monte Antenne, Monte delle Gioie, Sedia del Diavolo,
Saccopastore, Casal de Pazzi, Ripa Mammea e Ponte Mammolo. Nel 1996 la
Soprintendenza Archeologica affidò al Comune di Roma la gestione dell’area con
il compito della musealizzazione. I lavori di costruzione della grande
copertura sono stati completati nel 2000. Nel 2007 un accordo con il Municipio
e il Servizio Giardini ha permesso di ampliare l’area esterna con l’obiettivo
di farvi un giardino con essenze vegetali tipiche del Pleistocene. Il museo è
stato aperto al pubblico il 30 marzo 2015. Prima di tale data ha ospitato
numerose occasioni di divulgazione in collaborazione con il municipio.
[1] Per avere una idea dei tempi: la comparsa della vita sulla Terra è
riconducibile a 3 miliardi di anni fa (nel mare batteri e alghe), 400 milioni
di anni fa compaiono i mammiferi; 4 milioni di anni fa si sviluppano i primi
ominidi, l’homo sapiens compare 300.000 anni fa, l’homo sapiens sapiens 35.000
anni fa. Il neolitico inizia solo 12.000 anni fa. L’invenzione della scrittura
è opera dei Sumeri, risale a 3.100 anni fa.
La visita inizia dal grande capannone che
contiene il deposito, all’interno una
passerella permette la visione dall’alto del giacimento, si vedono
grandi massi rosati e resti fossili, zanne lunghe fino a 4 metri, denti,
vertebre. Una voce fuori campo e delle immagini portano il visitatore ad
immaginare ciò che c’era in questo luogo, appare la ricostruzione del paesaggio
pleistocenico, il fiume, le piante, gli animali. La voce di un uomo che viveva
in questi luoghi racconta il suo mondo, immagini del passato si alternano a
quelle del presente.
In uno spazio esterno coperto alcuni
pannelli raccontano l’evoluzione dei paesaggi nella campagna romana da 3
milioni di anni fa, quando a Roma c’era il mare.
Nella SALA ESPOSITIVA, che si affaccia sul
giacimento, sono presentati alcuni dei reperti rinvenuti, da quelli ambientali,
alle attività dell’uomo. Nelle vetrine disegni ricostruttivi, materiale
informatico presenta questionari, videogiochi, ipertesti e filmati. Una grande
zanna di elefante, ossa di uccelli cave che l’uomo utilizzò per realizzare i
primi flauti, importanti impronte di uccelli acquatici nel limo. Resti di iene,
lupo, cervo, cavallo
Nell’AREA ESTERNA si trova una
ricostruzione dell’ambiente naturale che poteva caratterizzare la zona 200.000
anni fa. Il giardino è stato piantato con piante del pleistocene: lavanda,
salvia, erica, corbezzolo, palme nane, olmo e due alberini zelkova provenienti
dalle rive del mar Nero.
Nessun commento:
Posta un commento