Il ciclopico complesso delle Terme, dette
anche Antoniniane, forma uno dei più impressionanti e pittoreschi scenari della
Roma antica. Furono iniziate da Settimio Severo nel 206 e inaugurate dal figlio
Antonino Caracalla[1]
nel 217. L'opera venne completata dai successori Elagabalo e Alessandro
Severo. Ancora Aureliano le restaurò,
erano le più ricche di ornamenti di Roma. Funzionavano ancora nel VI secolo
quando furono danneggiate dai goti e rese inutilizzabili per la distruzione
degli impianti idrici che erano di una straordinaria perfezione (le cisterne
erano capaci di contenere 80.000 litri d'acqua)[2]. La
planimetria segue il tipo stabilito fin dal II secolo, un grande corpo di
fabbrica centrale, circondato da giardini, entro un vastissimo recinto
rettangolare con esedre, sale e altri ambienti accessori. Occupavano uno spazio
quadrato di m 330 per lato, l'edificio centrale misurava m 220 X 114.
[1]
Caracalla imperatore dal 211 al 217
era nativo di Lugdunum (Lione) in Gallia, figlio di Settimio Severo. Il suo
nome resta legato alle terme e all'estensione della cittadinanza romana a tutti
i cittadini dell'impero avvenuta nel 212. Questo provvedimento, che prese il
nome di Costitutio Antoniniana, fu fattore di stabilità per lo Stato. Lasciò
pessima fama di se ma fu amato dai soldati.
[2]
Dopo i Goti le Terme furono abbandonate, l'area fu occupata da un sepolcreto
con le tombe a fossa, venne utilizzato come xenodochio ovvero ospizio
pellegrini e forestieri gestito dalla chiesa dei Santi Nereo e Achilleo. Da
allora divenne una cava inesauribile di materiale.
L'ingresso era dalla via Nova, parallela
all'Appia. Si entrava nel frigidarium, immenso salone rettangolare occupato
quasi per interno dalla piscina. Al di là del frigidarium, e parallelo ad esso,
si apriva il tepidarium, altro immenso salone collegato alle estremità
attraverso esedre alle grandiose palestre. A metà del lato lungo del tepidarium
si passava attraverso un altro tepidarium o cella media, assai più piccolo, nel
calidarium salone circolare con cupola di m 35 di diametro, in gran parte
diruito e interrato. Ai lati e intorno alle palestre numerose sale,
rettangolari o absidate, per la ginnastica o per i servizi. Di fronte al
calidario, oltre la vasta spianata si trovano le rovine dello stadio fiancheggiato
da biblioteche.
Si ritiene che lo stabilimento contenesse
bagni singoli e vasche in comune per un complesso di 1.600 bagnanti alla volta.
Oltre ad essere tutte rivestite di marmi e di metalli, animate da getti
d'acqua, avevano una decorazione scultorea delle più sfarzose, difatti i più
celebri marmi della collezione Farnese oggi al museo nazionale archeologico di
Napoli, provengono da qui: l'Ercole Farnese, il toro Farnese, la Flora ed altri
pezzi, come pure i mosaici con atleti oggi ai Vaticani, le due vasche di
granito che ornano le fontane di piazza Farnese e la colonna portata da Cosimo
dei Medici in piazza santa Trinita a Firenze.
Per costruire le terme vi lavorarono 9.000
operai per cinque anni. Un ramo dell'Acqua Marcia portava l'acqua al grandioso
stabilimento. I sotterranei avevano gallerie che erano carrozzalibili, in essi
si trovavano depositi di legname e gli impianti di riscaldamento. Le due
palestre furono scavate nel 1870, i mosaici presentavano disegni geometrici,
nelle abisidi vennero ritrovati i mosaici con figure di atleti nudi oggi ai
Musei Vaticani (i personaggi vestiti sono i giudici). Lungo le mura delle
palestre sono stati collocati i mosaici del piano superiore con soggetto marino
(presentano una lunghezza di 300metri).
Il frigidarium aveva queste dimensioni: m
58 x 24, era coperto da volte a crociera, sostenute da otto colonne di granito
egizio. Qui venne ritrovato l'Ercole Farnese, scultura di grande fama,
riprodotta in vari formati. Il frigidarium era il fulcro delle terme, il luogo
di incontro dei frequentatori. Sempre da qui provengono le due vasche che oggi
si trovano in piazza Farnese. La Natazio era l'equivalente di una piscina
olimpica, un gioco di cascate d'acqua la collegava al frigidarium. La Natazio
era scoperta. Le statue erano in marmo dipinto, alcune in bronzo. Guardando le
terme dall'alto di via Guido Baccelli, nella palestra sulla destra, venne
ritrovato il Toro Farnese che rappresenta la tortura di Dirce, portata al
palazzo Farnese in via Giulia, quindi a Napoli.
Le statue ritrovate alle terme entrarono a
far parte della collezione di papa Paolo III Farnese (il papa che convocò il
Concilio di Trento, approvò l'ordine dei Gesuiti e istituì il Sant'Uffizio), la
collezione passò alla famiglia, nel 1788 l'ultima erede dei Farnese,
Elisabetta, andò sposa di Filippo IV di Spagna, quindi la seguì a Napoli dove è
ancora oggi al Museo Archeologico Nazionale.
Nel 1911 sono stati rimessi in luce
vastissimi sotterranei destinati ai servizi con strade percorribili anche con
carri, tra questi ambienti un mitreo[1] il più
grande tra quelli rinvenuti a Roma e forse il più grande dell'impero. Il 30
ottobre 2012 è stato riaperto al pubblico dopo 10 anni di chiusura e due anni
di restauri, resterà fruibile con visita guidata fino al 6 gennaio 2013. In
questi giorni per l'iniziativa "Caracalla paradiso contemporaneo" della
Sovrintendenza viene esposta l'opera di Michelangelo Pistoletto "Il terzo
paradiso" realizzata con marmi colossali delle stesse terme, in tre giorni
sono stati posizionate 109 blocchi di marmo formanti il simbolo dell'infinito
[1]
Mitreo Il luogo di culto dei seguaci
del Mitraismo. Si tratta in genere di un luogo sotterraneo, comunque tenebrosi
privi di finestre. Era caratterizzato da un sala rettangolare con due rialzi o
panche murarie per il banchetto rituale detto anche agape, il santuario
all'estremità, spesso in una nicchia, prima del quale era l'altare. Sul
soffitto il cielo stellato. Era una religione di origine orientale derivata dal
persiano Mitra della religione dello Zoroastrismo. Era una religione misterica,
ovvero culto a carattere esoterico
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