domenica 30 ottobre 2016

Chiese sconsacrate di Roma

   Nonostante la violenta scossa di terremoto delle ore 7,41, questa mattina si è tenuta una bellissima passeggiata per Roma in bici organizzata da VediROMAinbici. Eravamo in 32. Il tema della pedalata era: "Chiese sconsacrate di Roma".
Eccoci alla partenza.

Prima tappa alla chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù, 
in via di San Francesco di Sales, Trastevere. 
     La chiesa fu costruita su progetto di M. Brandi e consacrata in concomitanza con la canonizzazione di Teresa del Bambin Gesù (1925). Con l’annesso convento fu affidata alle cure delle Carmelitane Scalze per poi passare (1942) al ramo maschile che ne fecero la loro Curia generalizia. Alla fine della guerra tutto il complesso passò al Ministero della Difesa che ne è ancora oggi il proprietario (vi ha sede la Direzione Generale del Contenzioso Militare).

     La via ha uno strano percorso a L, inizia da via della Lungara, corre tra il carcere di Regina Coeli e la Casa Internazionale delle Donne, curva a 90° e prosegue parallelo al colle del Gianicolo fino a via delle Mantellate. Proprio nel punto della curva sorge la chiesa. Un vicolo si stacca da destra e torna sulla stessa strada, è il vicolo di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti. La via fu detta anche vicolo Lante alla Lungara perché costeggia la villa Lante al Gianicicolo. Al n. 17 vi abitò Santa Maddalena Sofia Barat.
     Vi hanno sede la Casa della Memoria e della Storia, la galleria d’arte Volume, la chiesa di San Francesco di Sales e quella del Sacro Cuore di Gesù (prima chiesa di Roma dedicata al Sacro Cuore, è del 1843, restauro nel 1963, è sede della Curia romana del Sacro Cuore). La chiesa di San Francesco di Sales, situata alla fine di via di San Francesco di Sales, ad angolo con via delle Mantellate, fu voluta da papa Clemente IX (Giulio Rospigliosi, papa dal 1667 al 1669), dopo il 1870 fu sconsacrata e adibita, con l’annesso convento, ad uffici della colonia penale di Roma. Il 22 novembre 2005, alla presenza del Ministro della Giustizia Castelli e di mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei fu nuovamente consacrata.

Seconda tappa all'Oratorio del Gonfalone, nella omonima via, traversa di via Giulia.
     Si tratta della chiesa di Santa Maria Annunziata del Gonfalone ma è conosciuta come Oratorio del Gonfalone. Dal 1960 è sede del Coro Polifonico Romano che vi tiene periodicamante dei concerti.
     La chiesa venne costruita alla metà del Cinquecento[1] sulle rovine della chiesa di Santa Lucia Vecchia come oratorio dell’Arciconfraternita del Gonfalone che aveva sede nel palazzo adiacente. Il termine gonfalone fa riferimento al fatto che nel Trecento, nelle sue processioni, la Confraternita alzava la bandiera del Papa che allora era ad Avignone per ribadirne la sua sovranità sulla città. La facciata si deve a Domenico Castelli.
     L’oratorio è prezioso per i dipinti interni che ritraggono “Storie della Passione di Cristo”, serie di dodici affreschi opera dei principali esponenti del Manierismo romano. Sono di Livio Agresti: “L’impero di Cristo in Gerusalemme”, “L’ultima cena” e “Il viaggio al Calvario”; di Cesare Nebbia: “L’orazione nell’orto”, “La coronazione di Spine”, “L’Ecce homo”; di Raffaellino da Reggio “La cattura di Gesù”; di Federico Zuccari[2] la “Flagellazione”; di Daniele da Volterra[3] “La Crocifissione” e la “Deposizione dalla Croce”; di Marco da Siena “La Resurrezione”; di Matteo da Lecce “Il David”. Nel soffitto ligneo vi è un’opera intagliata di Ambrogio Bonazzini raffigurante “La Vergine e i santi Pietro e Paolo”.
     Nei sotterranei dell’oratorio sono visibili i resti della cappella di Santa Lucia che la confraternita usava come luogo di sepoltura.

     La via prende nome dall’oratorio sede di una confraternita potentissima tanto che poteva liberare annualmente due prigionieri e far sposare cento nubili con una buona dote. Ebbe anche un certo potere politico se, fuggito nel 1350 Cola di Rienzo, questa creò governatore Giovanni Cerrone che riportò l’ordine nella città. Al civico 29 è l’ingresso al museo di Criminologia.


[1] Costruzione dell’Oratorio: 1547- 1580 per Rendina – Paradisi, Le strade di Roma, Newton, pag. 641.
[2] Federico Zuccari. (Sant'Angelo in Vado nelle Marche 1539 - Ancona 1609) pittore di stile manierista, la sua opera maggiore è il Giudizio Universale nella cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, a Roma ha lavorato nella chiesa della Trinità de Monti, nell'Oratorio del Gonfanlone, in San Marcello al Corso. Ha lavorato in palazzo Farnese di Caprarola. La "Casa dei mostri" in via Gregoriana a Roma (Trinità de Monti) è stata da lui progettata come sua residenza. Sue opere sono nei principali musei del mondo. Era fratello minore di Taddeo.
[3] Daniele da Volterra. detto Braghettone. Daniele Ricciarelli (Volterra 1509-Roma1566), pittore e scultore. Si educò con il Sodoma e il Peruzzi, poi a Roma con Perin del Vaga. Realizzò le Storie di Fabio Massimo nel palazzo Massimo, nella Deposizione della Cappella Orsini nella chiesa della Trinità de Monti l'artista sembra orientato verso la monumentalità e l'articolazione plastica delle figure michelangiolesche. Ha realizzato un busto di Michelangelo ora al museo del Bargello, il soffitto mediano di San Giovanni in Laterano. Intervenne nella sala Regia in Vaticano. Resta famoso per aver ricorperto i nudi di Michelangelo nella cappella Sistina, da cui il soprannome.



Terza tappa in via di Grottapinta (zona Campo de Fiori) dove è la chiesa di Santa Maria di Grottapinta.
     La chiesa è stata costruita sulle fondazioni del teatro di Pompeo. Non si conosce quando venne costruita, venne chiamata San Salvatore in Arco in riferimento al vicino “Passetto del Biscione” che era affrescato e dava l’idea di una grotta dipinta. Nel Medioevo i ruderi di epoca romano erano chiamati grotte. Di certo la chiesa esisteva prima del 1186, quando una bolla di papa Urbano III la affidò alle cure della basilica di San Lorenzo. Nel 1599 gli Orsini, che abitavano nel palazzo posto alle spalle, promossero lavori di restauro per cui fu chiamata Cappella Orsini, nel 1725 fu rinnovato l’altare maggiore e due altari laterali dedicati a San Giovanni Battista e al Santissimo Crocifisso. La chiesa e il vicino palazzo divennero sede dell’Ospizio di Tata Giovanni, quando fu da questi abbandonato, nel 1926, la chiesa fu abbandonata, sconsacrata e ridotta a magazzino (di un falegname) quindi teatrino di mimi. Oggi è spazio espositivo e vi si tengono conferenze. L’interno è stato diviso in due sale sovrapposte di uguale grandezza, notare il campaniletto a vela.

     L’andamento a semicerchio della strada ricorda che le case sono sorte sulle fondamenta del teatro di Pompeo, il primo in muratura, inaugurato nel 55 a.C. da Gneo Pompeo dopo i suoi trionfi militari. Nelle cantine delle case sono cospicui resti dei muri in opera reticolata, cunei che sostenevano le gradinate della cavea.

Quarta tappa al tempio di Portunus che è stato per secoli la chiesa di Santa Maria Egiziaca.
     Essa venne costruita all’interno del tempio di Portuno. Da un’epigrafe scoperta nel 1571 si ricava che l’antico tempio venne trasformato in chiesa sotto il papa Giovanni VIII nell’anno 872 o 873. Il nome di Santa Maria Egiziaca, santa egiziana del III secolo, patrona delle prostitute, è attestato dal 1492, divenne comune nel secolo successivo. Papa Pio V, nel 1571 la concesse agli armeni che vi edificarono anche l’ospizio per accogliere i pellegrini provenienti dalla loro terra. Questi avevano perso la loro chiesa a causa della costruzione del ghetto, Clemente XI (1700-21) fece restaurare e abbellire la chiesa. Negli anni Venti del Novecento la chiesa fu sconsacrata per ripristinare il tempio romano, tutti i suoi arredi vennero trasferiti nella chiesa di San Nicola da Tolentino che divenne la nuova chiesa nazionale armena. L’ospizio venne demolito.
     Benchè sia stato ripristinato il tempio, all’interno si trovano ancora pitture altomedioevali che raffigurano schiere di santi e storie della Vergine Maria ed altri più recenti con storie della santa egiziana.

     Il tempio di Portuno è di età repubblicana, venne costruito dove si trovava il Foro Boario, vicino al Tempio di Ercole Vincitore o Ercole Invitto (indicato popolarmente tempio di Vesta) e al porto tiberino. Venne a lungo chiamato “Tempio della Fortuna Virile”.

Una foto ricordo della passeggiata di oggi.

Ultima tappa nella chiesa di Santa Marta in piazza del Collegio Romano.
   

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